Chiariamolo subito: il Metodo Ruffini è un trattamento topico e non sistemico. L’ipoclorito di sodio distrugge i virus, batteri, funghi e protozoi che incontra ma deve appunto poterli incontrare. Non può essere iniettato né bevuto, come invece si fa per esempio con un comune antibiotico: in tal caso risulterebbe perfino fatale.
Si può applicare sulla pelle e anche sulle mucose, ma non tutte. Le labbra, la bocca, perfino l’interno delle narici e l’inizio del canale auricolare, anche le mucose intime, con risultati incredibili per esempio contro il Papillomavirus, ma sulle mucose polmonari no, quantomeno non è stato mai sperimentato. Se ciò fosse possibile sarebbe rivoluzionario per qualsiasi tipo di bronchite e polmonite, sia virale che batterica. Ma non siamo qui per alimentare facili speranze. L’obiettivo di questo articolo è quello di capire come possono le applicazioni del Metodo Ruffini venirci in aiuto per limitare i contagi e proteggere le vie respiratorie esterne.
Prima di addentrarci, facciamo un po’ di chiarezza. Innanzitutto il virus responsabile di questa terribile epidemia non si chiama Coronavirus e neppure Covid-19, ma il nome è Sars-CoV-2. Coronavirus (CoV) è il cognome, vale a dire che indica la famiglia di virus cui appartiene, individuata per la prima volta negli anni Sessanta del Novecento. I coronavirus possono causare diverse infezioni: dal comune raffreddore (insieme ai Rhinovirus) a patologie ben più gravi, come la Mers (sindrome respiratoria del Medio Oriente, Middle East respiratory syndrome) o la Sars (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute respiratory syndrome), provocate rispettivamente dai virus Mers-CoV e Sars-CoV. Quest’ultimo ha molti aspetti in comune col CoV-2, individuato anch’esso in Cina per la prima volta e responsabile della pandemia Sars del 2002-2003.
Tutti i coronavirus hanno in comune la caratteristica forma con glicoproteine che formano delle spicole a mo’ di corona sulla superficie. La malattia che procura il Sars-CoV-2 è stata chiamata Covid-19, dove il numero si riferisce all’anno di comparsa, il 2019, appunto. Come dire che l’Hpv è il virus dell’Herpes o l’Hiv il virus dell’Aids. Se volessimo fare ordine con gli articoli potremmo dire: il Sars-CoV-2, la Covid-19 e i coronavirus.
Ma andiamo a noi. Cosa può fare il Metodo Ruffini contro questo coronavirus? Sicuramente non poco, come disinfettante e non solo. I virus sono particelle molto fragili, molto più fragili dei batteri e ancor più dei funghi. Come sappiamo, l’ipoclorito di sodio, entrando in contatto coi tessuti, si trasforma in acido ipocloroso, che va a demolire la membrana esterna della particella in questione e quindi ad eliminare l’acido nucleico centrale impedendone così anche la proliferazione. Le percentuali indicate per il Metodo Ruffini servono ad eliminare perfino le colonie di funghi, figuriamoci i virus, per i quali molto spesso basta anche l’alcol o addirittura del semplice sapone, capace di disgregare la barriera lipidica, il pericapside, posta all’esterno del capside proteico.
Appurata la grande efficacia dell’ipoclorito di sodio, vediamo come ricorrere al Metodo Ruffini. Si tratta di consigli che vanno ad aggiungersi – e non certo a sostituirsi! – alle raccomandazioni di medici e istituzioni, quali il lavaggio frequente delle mani, il mantenimento delle distanze e così via.
Le superfici o oggetti fuori dalle nostre abitazioni con le quali possiamo entrare in contatto sono molteplici, dai carrelli dei supermercati al volante e altre parti dell’automobile, dalle sedute e maniglie dei mezzi pubblici alle porte e finestre di locali e uffici. L’utilizzo di ipoclorito di sodio non è molto consigliato per la disinfezione di tali superfici, non certo perché non sia efficace, bensì perché potrebbe rovinare o scolorire le stesse, come ad esempio vari tipi di pellame, soprattutto se colorato, alcuni tipi di plastiche, tappezzerie di automobili e gli abiti che indossiamo. In casa è diverso perché possiamo adottare tutte le precauzioni e abbiamo soprattutto la possibilità di risciacquare con un panno umido. Si consiglia pertanto di utilizzare un piccolo erogatore spray da portare sempre con sé, carico di alcol. Se si pensa di riutilizzare un vecchio spruzzino (profumi, disinfettanti per la casa o altro) è sempre bene sciacquarlo accuratamente prima di riempirlo col nuovo prodotto.
Non occorre lavarsi costantemente le mani con l’ipoclorito di sodio, perché secca la pelle e danneggia anche il microbiota, che fa da naturale protezione. Tuttavia, quando si rientra in casa o se si hanno in casa stessa persone positive al virus, è possibile mettere qualche goccia di ipoclorito di sodio al 6% sulla conca della mano, passare quindi su tutta la superficie, attendere un paio di minuti e risciacquare. Anche per le mani, l’alcol può risultare sufficiente. In ogni caso è bene utilizzare, a seguire, una crema idratante per restituire alla pelle la giusta morbidezza e flessibilità. Per la pulizia quotidiana può bastare insaponare molto bene le mani con del comune sapone e risciacquarle altrettanto bene con acqua corrente, possibilmente calda, perché il calore aiuta a disgregare la parte lipidica del virus.
Una volta tornati a casa, si può passare un panno imbevuto di ipoclorito di sodio al 6% sui prodotti acquistati, soprattutto quelli che si ha urgenza di stipare (ad esempio i surgelati) o di consumare. Gli altri potrebbero anche rimanere ‘in quarantena‘ per qualche giorno all’ingresso. Prestate attenzione a eventuali scoloriture o cancellature delle date di scadenza: eventualmente prendetene nota preventivamente e riportatele successivamente con un pennarello. Stessa precauzione si può applicare per buste e pacchi postali, sia l’esterno della confezione che il loro contenuto.
Qualcuno si starà chiedendo che fare di beni come frutta e ortaggi. Può essere conveniente sostituire il comune lavaggio di frutta e verdura con un lavaggio rinforzato. Dopo l’eventuale rimozione di residui di terra, si può procedere al seguente procedimento. Mettere a bagno per 15 minuti frutta e verdura in una soluzione di acqua e ipoclorito di sodio nella misura di 4 ml di ipoclorito al 14-15% per ogni litro d’acqua. Dopo un quarto d’ora si può sciacquare bene per eliminare ogni odore e traccia di cloro. Questa procedura è particolarmente importante per quei vegetali che vanno consumati crudi e non si possono sbucciare (finocchi, lattuga ecc.).
Non soltanto naso, bocca e occhi, ma anche o forse soprattutto le orecchie possono essere porte di ingresso di virus e batteri, come scoprì il dottor Richard Simmons nel 1928, sebbene la maggior parte dei suoi colleghi non fosse d’accordo. In ogni caso è consigliabile proteggere le orecchie quando si va in ambienti chiusi, come uffici e supermercati. Può essere sufficiente tenere della bambagia inumidita con dell’acqua ossigenata. Noi consigliamo di sostituirla con bambagia leggermente inumidita con ipoclorito di sodio al 6%. In aggiunta, anche un cappuccio di felpa o un cappellino con paraorecchie può contribuire a proteggere da agenti patogeni oltre che dal freddo o dal vento.
Anche se questo coronavirus non provoca normalmente raffreddore, avere il naso chiuso porta spesso a respirare con la bocca esponendo tonsille, faringe e altre vie aeree a virus e batteri, quindi è sempre bene respirare col naso (sia in entrata che in uscita) tenendo la bocca chiusa. In caso di congestione nasale, dunque, si può ricorrere al Metodo Ruffini per liberare le vie, soprattutto prima di andare a dormire. Si può bagnare l’interno delle narici con un cotton fioc imbevuto di ipoclorito di sodio al 6% o anche col dito stesso dopo aver poggiato una goccia di prodotto sul polpastrello.
Per il mal di gola si può ricorrere al Metodo Ruffini seguendo le indicazioni del manuale, ma bisogna stare molto attenti, perciò lo sconsigliamo, soprattutto ai più piccoli e anziani, per il rischio che possa essere ingerito. Esiste tuttavia un’ottima alternativa del tutto naturale e senza rischi: contro i virus, infatti, può essere sufficiente anche il tea tree oil per uso interno, che ha il vantaggio di potere essere anche deglutito dopo i gargarismi. Si possono diluire 2-3 gocce al massimo di tea tree oil con un po’ di saliva stessa e fare dei gargarismi, quindi sputare.
In commercio esistono tanti tipi di mascherine protettive (per sé o per gli altri), con valvola o senza, ai carboni attivi o senza, con filtri intercambiabili o usa e getta e così via. Non entriamo adesso nello specifico, ma va detto che in alcuni di questi casi l’ipoclorito di sodio potrebbe danneggiare i meccanismi di filtraggio. L’alcol denaturato, d’altro canto, contenendo sostanze tossiche non volatili, le depositerebbe sulla superficie della mascherina potendo poi facilmente venire inalate. Pertanto si consiglia di disinfettare le mascherine, sia all’interno che all’esterno, con alcol alimentare spray (quello che si utilizza per fare liquori o dolci), senza sfregare per evitare appunto che se ne possa compromettere la capacità filtrante, lasciando asciugare all’aria per qualche ora. In alternativa, è anche possibile lasciarle in quarantena per qualche giorno, magari stese all’esterno. Come sappiamo, i virus non resistono a lungo fuori dai propri ospiti viventi. Nel caso in cui si fosse costretti a uscire di casa quotidianamente, potendo disporre di più mascherine, se ne potrebbe tenere una per ogni giorno della settimana, magari scrivendovi in un angolino “lunedì”, “martedì” e così via. In tal modo, per ciascuna mascherina si avrebbe una quarantena di ben sette giorni.
Ci teniamo a precisare doverosamente che questi consigli sono molto utili per ridurre il contagio, ma di per sé non garantiscono in maniera assoluta la protezione totale. In questa fase vanno quindi rispettate rigorosamente tutte le norme dettate dalle istituzioni e quelle dettate dal buonsenso, mantenendo la giusta distanza, secondo la semplice regola “più distante sono e meglio è”, anche abbondantemente più di un metro qualora sia possibile, utilizzando la mascherina e i guanti in lattice o nitrile quando serve e così via, invitando tutti a non disperdere nell’ambiente questi dispositivi di protezione una volta che non servono più o che vengono sostituiti con dei nuovi, con la speranza e l’augurio per tutti noi che questo incubo finisca il prima possibile.
Si ringrazia Damiano Luzietti per la preziosa consulenza.
Revisione scientifica a cura del dottore Gilberto Ruffini.