Come faccio a conservare l’ipoclorito di sodio in casa senza che diventi acqua fresca nel giro di un paio di mesi? A differenza di molti prodotti chimici per l’igiene della casa o della cosmesi magari a base di ipoclorito di sodio, che sono arricchiti di conservanti o stabilizzanti, noi preferiamo il prodotto puro come quelli della linea Sanaclorìn, che, come inevitabile altra faccia della medaglia, hanno tuttavia l’effetto collaterale di perdere efficacia nel tempo. Come fare allora per preservarne il più possibile il potere germicida?
Qualcuno ha lamentato il fatto che il prodotto scadesse dopo circa quattro mesi, troppo poco tempo! In effetti, come abbiamo ribadito più volte anche nelle Faq, l’ipoclorito di sodio non scade ma decade. Vale a dire che non diventa cattivo, rimane sempre ipoclorito di sodio ma perde titolazione e dunque efficacia, quindi l’azienda, seguendo le indicazioni del dottor Ruffini, non può garantire gli effetti del Metodo dopo la data indicata.
Non c’è modo, dunque, di impedire il naturale decadimento della sostanza, però alcuni accorgimenti lo possono rallentare. L’aria, la luce e il caldo sono i nemici più temibili per l’ipoclorito, che lo fanno decadere: come detto, non va a male ma nel tempo perde efficacia, trattandosi di una molecola piuttosto volatile, in particolare a volare via è il cloro. Il nostro consiglio è dunque di prediligere contenitori opachi (siano in plastica o in vetro), che non facciano quindi passare luce, e conservarli comunque in ambiente fresco e buio. Qualcuno li tiene addirittura in frigorifero, ma lo sconsigliamo, soprattutto se in casa ci sono bambini o anziani, perché in frigo ci sono solitamente solo prodotti alimentari e non vorremmo che qualcuno scambiasse il flacone per una bevanda, per quanto l’odore ci suggerirebbe il contrario. L’armadietto dei medicinali, se posto (come dovrebbe) in una zona fresca della casa, va più che bene.
Consigliamo poi di evitare flaconi con tappi a vite perché a ogni apertura fanno evaporare gran parte del cloro accelerando il decadimento dell’ipoclorito. L’ideale sarebbero i tappi spray, che fanno fuoriuscire il prodotto senza far entrare aria se non in minima parte. Sarebbe bene anche tenere il prodotto nel flacone originale, evitando travasi se non necessari. Per questo suggeriamo di acquistare il prodotto già diluito al 6 e al 12%, possibilmente in flaconcini da non oltre 300 ml, in modo da non contenere troppa aria via via che si svuotano e degradare quindi più lentamente. Seguendo queste accortezze potremmo avere un prodotto pienamente efficace per tre o quattro mesi. Tre o, al massimo, quattro rifornimenti annuali saranno quindi ben sufficienti.
E che facciamo con quello che resta nei flaconcini? Se proprio ne rimane (acquistare i flaconi da 200-300 ml evita anche proprio questi sprechi), lo si può benissimo utilizzare come disinfettante di superfici varie per le pulizie domestiche, proprio come la comune candeggina, che di norma è titolata intorno al 5%. Quello che resta è infatti una soluzione salina con una percentuale di ipoclorito di sodio pur sempre presente ma a una titolazione insufficiente per garantire l’efficacia del Metodo Ruffini mentre può risultare ben efficace per altri usi.
Se invece preferiamo prepararci le diluizioni da noi, è senz’altro possibile, seguendo le indicazioni del manuale Curarsi con la candeggina?. In questo caso consigliamo di acquistare ipoclorito ad alta percentuale, intorno al 14-15%, e preparare due boccette da 100 o 200 ml di prodotto rispettivamente al 6 e al 12%, da utilizzare per due-tre mesi. In questo modo si eviterà di aprire il flacone principale a ogni uso, ma soltanto ogni due o tre mesi, appunto, che dunque si manterrà per sei mesi o un anno, a seconda delle condizioni in cui verrà conservato.
Revisione scientifica a cura del dottore Gilberto Ruffini.